Ho chiesto su Facebook (sul mio profilo e sulla mia pagina) cos’è la creatività. Ho ricevuto un po’ di commenti, tutti molto interessanti.
Ci sono mestieri creativi e mestieri che non lo sono.
Scrittore, attore, pittore sì. Medico, avvocato, impiegato no. C’è la tendenza a essere molto selettivi (e castranti) su quali sono i mestieri creativi e quali no.
Eppure se teniamo per buona la definizione di Annamaria Testa per cui la creatività è qualcosa di nuovo, che produce qualcosa di buono per una comunità e, per questo, ci riempie di meraviglia e gratitudine” tutti siamo potenzialmente creativi, sempre. E di conseguenza qualsiasi mestiere può essere creativo. Certo dipende dalle condizioni in cui facciamo il nostro lavoro (quanta libertà ci viene data) e quanta voglia abbiamo noi di sperimentare nuove soluzioni. È più creativo un impiegato che trova il modo di smaltire il doppio della pratiche in metà tempo piuttosto che uno scrittore che scrive il solito giallo in cui il colpevole è il maggiordomo.
La creatività non deve avere paletti di nessun tipo.
Un’altra convinzione radicata è che la creatività non debba avere limiti e paletti: nella mia esperienza questa convinzione produce solo risultati astrusi e spesso ben poco originali. La creatività dà i suoi risultati migliori quando deve stare dentro limiti ben predefiniti, insomma ostacoli e limiti aguzzano la creatività, perché la creatività nasce proprio dall’esigenza dell’uomo di adattarsi a situazioni nuove.
Inoltre, non so voi, ma niente mi sembra più difficile di iniziare da un foglio bianco: qualsiasi possibilità e quindi nessun appiglio.
La creatività non ha bisogno di riconoscimento.
Per me non esiste creatività senza un pubblico che ne possa (voglia) usufruire. La creatività deve essere comunicata: senza destinatario non c’è creatività.
Non è necessario che il pubblico sia vastissimo, che ci sia un riconoscimento planetario. Una persona può anche inventare un modo per sistemare i sacchetti della spesa in casa propria: se gli altri familiari ne usufruiranno senza spargere sacchetti ovunque e perdere tempo a trovare quello della dimensione giusta, ecco, questa è già un’idea creativa. Serve a poche persone ma serve e migliora la loro vita, anche se solo un pochino.
È inutile dirsi che i celeberrimi Tizio e Caio sono stati ignorati in vita e scoperti postumi: è una scusa per non confrontarsi col mondo là fuori. Anche perché in genere Tizio e Caio son poi morti poveri, soli, e infelici.
Magari anche no.
La creatività non ha bisogno di competenze e di influenze (altrimenti non è originale).
Mi è capitato di leggere il commento agghiacciante di una scrittrice che diceva di non leggere perché altrimenti ne sarebbe stata influenzata. Ora, pensavo che chi ha questo tipo di convinzioni avesse almeno il buon senso di non esprimerle in pubblico, ma niente.
Come si può pensare di essere “originali” se non sai cosa fanno gli altri?
Ma soprattutto quando mai uno scienziato ha scoperto qualcosa sapendo niente di quel campo o di campi affini?
Tutti abbiamo bisogno di un terreno fertile su cui far fiorire la nostra creatività, e gli altri sono un ottimo “concime”: cosa possiamo prendere da loro? Cosa invece ci sembra che non funzioni? E se ha funzionato, perché ha funzionato? Posso farlo anch’io, ma meglio?
Sei creativo o non lo sei.
Eccolo qui, il pregiudizio che fa il paio con quello relativo al talento. O ce l’hai o non ce l’hai, la creatività, come una malattia cronica.
Io penso invece che essere creativi sia un atteggiamento mentale unito a una buona dose di allenamento e ad una forte motivazione interna. Non si nasce creativi: anzi, sì, si nasce creativi, ma sono convinzioni come queste a spegnere la nostra natura creativa. Questo insieme ai pochi stimoli (effettivi o percepiti).
Farsi domande, vedere le cose da una prospettiva diversa, mettersi nei panni altrui, leggere, guardare, mettere insieme cose che non c’entrano niente, mettere da parte i pregiudizi, non pensare “che questo non si può fare” solo perché gli altri non lo fanno, essere curiosi, sempre, cercare di migliorare la propria vita e quella degli altri, fare cose che ci rendono fieri, felici, positivi, speranzosi. Queste sono le cose che ci rendono creativi: non c’è nessuna formula magica, nessuna predisposizione naturale, nessun gene della creatività che può sostituire tutto questo.
Sono atteggiamenti che vanno allenati con l’esercizio.
Tutto qui.
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