Noi siamo La specie creativa: istruzioni per diventarlo davvero

28 Ottobre 2019 | 0 commenti

Vedo questo libro allo stand di Codice edizioni e me ne innamoro subito: si intitola La specie creativa: l’ingegno umano che dà forma al mondo.
Un volume dalla copertina rigida con un sacco di illustrazioni. È scritto da un compositore musicale, Anthony Brandt, e da un neuroscienziato, David Eagleman.


E punta su una premessa davvero allettante:

Facciamo parte di un grande albero genealogico di specie animali. Perché allora le mucche non creano coreografie di balletti? Perché gli scoiattoli non progettano ascensori per raggiungere la cima degli alberi? Perché gli alligatori non inventano motoscafi? Un ritocco evolutivo negli algoritmi del cervello umano ci ha permesso di “assorbire” il mondo che ci circonda e di crearne versioni nuove e alternative che rispondono alla domanda “E se facessi così?”. Questo libro è dedicato a quel software creativo: come funziona, perché ne siamo provvisti, come lo usiamo e soprattutto dove ci sta portando.

Insomma una sorta di reverse engineering della creatività umana

Tre B per capire come funziona il nostro cervello quando crea

Bending, Breaking and Blending ossia piegare, frammentare e mischiare: sono questi i procedimenti che il nostro cervello usa per creare qualcosa di nuovo. 
In La specie creativa Brandt e Eagleman usano due esempi diversi per mostrare come funzionano concretamente. 

Il primo riguarda l’Apollo 13 e di come gli ingegneri della NASA tirarono giù gli astronauti, altrimenti spacciati, smontando la navicella, usando pezzi destinati per altri scopi e rimontandoli.
Poi c’è Picasso con Les demoiselles d’Avignon, che mescolò, frammentò e piegò per ottenere uno dei quadri più innovativi della sua epoca. 

“La nostra civiltà fiorisce a partire da queste ramificazioni zigzaganti che spuntano dalle derivazioni, dai riassemblamenti e dalle ricombinazioni.”

L’arte che ci porterà nello Spazio

All’arte viene dedicato molto spazio, ma soprattutto se ne parla come strumento necessario per fare innovazione.
L’arte infatti è un ottimo campo di addestramento per il bending/breaking/blending. Fornisce esempi che allenano la mente a pensare in un certo modo.
E quindi male fa chi si occupa di educazione ed esclude l’arte dai programmi scolastici perché con l’arte non si mangia.

Sbagliare ci renderà ricchi

Se pensate che sbagliare vi farà fallire, be’, è comprensibile ma non è necessariamente vero.
C’era una volta la 3Company, campionessa di innovazione. Fino al 2000. Quando arriva un amministratore delegato che nel tentativo di massimizzare i profitti decide di mettere le catene al dipartimento di ricerca e sviluppo. Il dipartimento doveva comunicare qualsiasi variazione nel processo produttivo, che veniva valutata in base a quanto rendeva nell’immediato.
Risultato? – 20% di vendite sui nuovi prodotti.
Appena è arrivato un nuovo amministratore delegato che ha lasciato carta bianca al dipartimento di ricerca e sviluppo le vendite si sono riprese. 

Questo perché si innova quando si osa e si tenta, perché quando proliferano le idee si hanno più possibilità di fare qualcosa di davvero nuovo e di davvero utile. 

In realtà anche le idee sbagliate sono un passo avanti perché rivelano problematiche che, una volta risolte, ci avvicinano di più alla soluzione. Il concetto di “scappatelle mentali ” (idea flings) potrebbe forse rendere meglio il concetto, perché indica cose che ipotizziamo ma poi lasciamo andare. Il processo di diversificazione e selezione è la base dell’invenzione nel mondo. Alla fine, comunque, il percorso zìgzagante della nostra specie è determinato non dalla pletora di idee che generiamo, ma dalle poche che scegliamo di seguire.

Razzismo, xenofobia, sessismo: quanta meraviglia abbiamo perso? 

Un capitolo interessante è quello dedicato ai pregiudizi che hanno impedito alle persone con delle potenzialità di esprimersi all’interno di una società danneggiando la società stessa.

Sapete quale fu uno dei motivi per cui la Germania nazista non vinse la corsa al nucleare? Perché i tedeschi bollarono le teorie di Einstein come “scienza ebraica” e quindi non attendibili. C’era addirittura chi sosteneva che queste teorie servissero a indurre il popolo tedesco in errore. 

Insomma tutti i pregiudizi che impediscono a qualcuno di contribuire alla società in cui vive diminuisce il proliferare di opzioni. E quindi anche di avere idee innovative, che funzionano.    

Insomma imparare, sbagliare, aprirsi, cambiare, provare senza arrendersi, non censurarsi, non escludere le persone ed educarle, invece, alla creatività. Questo è ciò che dobbiamo fare per essere ciò che siamo: una specie creativa, per natura.

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